Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ancora non capisco chi abbia deciso di affidare questa 62° edizione di nuovo a Gianni Morandi (si vocifera che si sia candidato anche per l’anno prossimo: proprio non si rende conto!). La serata inaugurale del Festival di Sanremo appare proprio come un sequel dell’edizione passata. Mi pare che non sia passato un anno, che tutto si ripeta identico e puntuale.
Morandi l’uomo più sgraziato e naturale del mondo (leggeva tutto dal gobbo e cartoncini, anche il suo nome!) platea rumorosa proveniente dai peggiori bar d’Italia, il jingle modulato su “Un mondo d’amore”, l’orribile maestro d’orchestra, la direzione artistica di Mazzi, le scenografie (quelle però sempre magnifiche) di Castelli; e poi un aggrovigliarsi di gaffes, rumori di sala, imprevisti, parolacce, bevute in diretta.
A inizio serata credevo fosse una trovata l’assenza della Ivanka Mrazova, la modella ceca che avrebbe dovuto affiancare Morandi nella conduzione, di certo scelta per il suo eloquio fluido e la sua verve da conduttrice. E invece no! Lei non c’era per davvero, così come sarebbe mancata, ma già si sapeva, la tanto chiacchierata modella multimiliardaria Tamara Ecclestone, che era stata scelta nonostante avesse affermato di non conoscere il Festival e di non amare la musica italiana.
Ma allora io mi chiedo: possibile che in Italia non si trovassero sue ragazze carine, simpatiche e madrelingua che potessero sostenere quell allupato di Morandi?
Ma ecco che il mistero s’infittisce: improvvisamente tornano sul palco dell’Ariston Elisabetta Canalis e Belen Rodriguez (che di certo hanno passato i mesi a praticare riti magici per rimpossessarsi della scena sanremese). Io che mi ero illuso di essermene liberato, eccole lì di nuovo, più sciocche che mai, che entrano sul palco cantando in play-back la canzone de La bella e la bestia (che se Gino Paoli e la figlia Amanda fossero morti si sarebbero rigirati nella tomba!).
E dunque tutto all’insegna dell’improvvisazione.
Sul passaggio di testimone di Luca e Paolo a inizio serata non vale la pena soffermarsi. Lo riconfermo: non sono simpatici. Per di più banali fino allo sfinimento.
La new entry di quest anno è il regista e attore lucano Rocco Papaleo. Ha confermato i miei timori: ha impersonato il ruolo del maschio italiano, affetto da satiriasi e sempre in cerca di tette. Monologo insignificante, ma almeno nella parte iniziale ha colmato i tempi morti.
Momento Celentano: il tanto atteso, tanto discusso, tanto vecchio è tornato. Mi è sembrata una puntata di Rockpolitik all’interno del Festival.
Anticipato da un finto bombardamento in studio (con tanto di pater Gianni che scappa, fingendo di essere spaventato, e dice: “Che cazzo succede!”) con scenari apocalittici e gente ferita sul palco (una buffonata, ma che mi è sembrato il momento più alto di tutto il festival!)
Mi è parso un Celentano stanco, ma non tanto fisicamente: ha come la sensazione che la morte presto lo raggiunga e per questo ha scelto la via della fede e del misticismo.
Inizia scagliandosi contro la chiesa, contro Famiglia Cristiana e Avvenire (“giornali inutili”); incoraggia a credere nel messaggio di Gesù Cristo, si cimenta in una gag mal riuscita con Pupo, che spunta dal pubblico, e Morandi, sul rifiuto delle firme per il referendum sulla legge elettorale da parte della consulta; poi ci cimenta in qualche suo pezzo vecchio e nuovo, dando prova del suo inglese maccheronico e mostrando delle strane macchie rosse sul volto. Frasi fatte, populismo a palate, poca novità. Il succo di tutto il suo intervento è che viviamo in un mondo e in un periodo storico di merda. Grazie per avercelo ricordato.
Assolutamente sopravvalutato.
Passiamo ora in rassegna i cantanti e le canzoni in gara, seppure anche quest anno il livello sia molto basso. I temi sono tristi e malinconici, si va dal muto che non si riesce a pagare, agli amori finiti, dal senso inafferabile della vita, alla rabbia per il presente.
Andiamo per ordine.
DOLCENERA: canzone banale, bella voce, bocca troppo
larga [voto 5]
SAMUELE BERSANI: borbottio indistinto. Devo
riascoltare meglio il testo [N.C.]
NOEMI: il paragone con la Joplin mi sembra esagerato.
Brava, intensa, ha stonato più del suo solito [voto 6]
FRANCESCO RENGA: solito e banale pezzo renghiano, rime
scontate, stecche numerose, tonalite altissime. [voto 4]
CHARA CIVELLO: chi è costei? In realtà è una cantante
formatasi al Berklee College of Music, scrive in inglese, canta anche in
portoghese. Ovviamente in Italia è poco conosciuta. La sua voce è molto
intensa, setosa, ma il testo di uno schifo assurdo (cito solo “prato di
stelle” e “l’infinito nello sguardo”, ma proprio no!). Inutile fare cenno a quella cara ma ormai desueta regola dell’accesso alla categoria Big! [voto: 5
e 1/2]
IRENE FORNACIARI: tornata direttamente da un viaggio a
zingaropoli, ci porta una canzone scritta da Van de Sfros dai richiami
silvestri e atmosferici. Inquetante la presenza di uccelli nel testo.
Originale. Sarà pure raccomandata ma è brava. [voto 6 e 1/2]
EMMA: si
sforza di fare l’impegnata e l’indignata, però canta bene e non stona [voto 6]
MARLENE KUNTZ: ok fate del rock, ma non si è capita
una parola [voto 4 e 1/2]
EUGENIO FINARDI: crepuscolare, raffinato, dolce,
intonato. Fa quasi tenerezza il vederlo alla ricerca del suo posto nel mondo.
Uno dei migliori. [voto 7 e 1/2]
GIGI D’ALESSIO & LOREDANA BERTE’: si tratta di un
reato: circonvenzione d’incapace! Arrestateli, fermateli! Lui vestito da ragazzaccio di Scampìa, lei
con due labbra che a fatica stanno su. [-]
NINA ZILLI:
bella, intonata, altissima, adorabilmente retrò [voto 7]
PIERDAVIDE CARONE & LUCIODALLA: mi ha colpito
molto questa struggente canzone d’amore per una prostituta. Non tutti gli Amici
vengono per nuocere, ma il tocco del maestro si sente! [voto 7]
ARISA: dovrebbe chiedere al fidanzato di non scriverle
più canzoni se l’ama davvero; però ha mostrato finalmente la sua melodiosa voce vera. [voto 6]
MATIA BAZAR: cambiano cantante con la stessa frequenza
con cui si cambiano le mutande. Non mi convincono e soprattutto non sono più
credibili [voto 5-]
L’imprevisto più grande della serata è stato il blocco del sistema che acquisisce i voti della giuria popolare. Ergo: stasera non è stato eliminato nessuno e domani si esibiranno di nuovo tutti e ne verranno eliminati 4 in una botta sola. Penoso, e il pubblico si ribella a questa decisione.
Dunque ricapitolando: populismo, disorganizzazione, guasti tecnici, grida, ribellione, tette, culi, satiriasi, incompetenza, labbra rifatte, duetti improponibili; impossibilità di comprare una casa, impossibilità di trovare il senso alla propria vita, impossibilità di assicurare un futuro al proprio figlio, impossibilità di accettare di stare invecchiando, impossibilità di sfamarsi; conforto nella fede, paura del domani, ma anche e soprattutto dell’oggi.
Sanremo è lo specchio dell’italianità.