[Articolo pubblicato in formato ridotto e con galleria fotografica su Style.corriere.it con il titolo Aspromonte: da terra di pastori a set cinematografico]
Proprio il 15 aprile 2015 ricorre il 120 anniversario della nascita di Corrado Alvaro, illustre cantore delle vite dei pastori calabresi. Nello specifico di quelli aspomontani, che abitavano i luoghi impervi intorno al lussereggiante massiccio appenninico bruzio. Sono passati ottantacinque anni dalla pubblicazione della raccolta di racconti Gente in Aspromonte (Le Monnier, Firenze 1930) e quasi un secolo dopo esce un altrettanto intenso racconto della vita di quelle genti dall’animo montano.
Si tratta di Anime Nere di Gioacchino Criaco (pubblicato dalla calabrese Rubbettino nel 2008 e rieditato l’anno scorso) un noir mozzafiato diventato in poco tempo un best seller internazionale. Alvaro raccontava con un linguaggio calibrato e poetico la vita misera dei pastori e i loro sforzi per cercare di condurre un’esistenza dignitosa, seppur attraverso numerose avversità. Criaco, con una prosa più incalzante e un ritmo più serrato, narra i cambiamenti psicologici e sociali dell’arcaica società dell’Aspromonte. I suoi protagonisti si ribellano alla miseria dei loro padri, in cerca di un riscatto, ma lo fanno abbracciando il demone del male.

Anime Nere è finito nelle mani del regista Francesco Munzi che ne ha tratto l’omonimo film presentato alla 71° Mostra di Arte Cinematografica di Venezia. Insignito del tripudio del pubblico plaudente e di numerosi premi della critica, la pellicola ha salpato dal Lido di Venezia per intraprendere un viaggio che sta riscuotendo un successo dietro l’altro. Dopo il Toronto Film Festival, è stato venduto in 18 paesi e ha fatto il tris di premi all’Italian film Fest di Bari (tra cui Premio Monicelli alla regia). È uscito a fine marzo in Spagna (col titolo Calabria che ha fatto infuriare autore e regista, ma anche i critici più avveduti) diventando il terzo film più visto e il 10 aprile è sbarcato in America. Senza valigia di cartone, ma con un paginone sul New York Times e un altro sul Washington Post.

Il film è stato girato in buona parte tra gli abitanti di Africo, i discendenti dei pastori di Alvaro, che hanno partecipato massicciamente alla buona riuscita delle riprese. Tutti si sono dati da fare, chi si è improvvisato autista, chi guida turistica, chi traduttore. Due abitanti del luogo sono diventati anche due degli attori principali della pellicola. Lo stesso Munzi per capire più approfonditamente le dinamiche di quella terra ha dimorato per circa tre anni nell’Aspromonte, guidato dall’autoctono Criaco; il quale è stato anche l’esperto Virgilio di Serge Quadruppani, scrittore e giornalista francese che ha voluto respirare l’aria e il fascino della montagna calabrese nell’estate 2012, traendone un affascinante reportage sulla rivista Le Monde Diplomatique. Innamoratosi del romanzo di Criaco ne ha promosso la pubblicazione per la casa editrice Métailié (accanto a Camilleri e De Cataldo), nella collana Noir, di cui è direttore.

Sull’onda del successo mediatico, del libro prima e del film poi, su quelle montagne pullulano le idee di un progetto visionario: tornare a far risplendere di vita l’Aspromonte. L’Associazione “Santu Leo Aphricus”, volontari, giovani, cittadini comuni, stanno lavorando in questa direzione. Hanno ripulito il vecchio borgo, ristrutturato case, ospitano studenti e archeologi, storici e ambientalisti. Hanno scoperto la presenza di palmenti millenari scavati nella roccia che potrebbero dimostrare una florida attività vinicola prima dell’arrivo di Greci e Romani, anche a quelle alture. Hanno fondato il giornale “InAspromonte” su cui quotidianamente raccontano la loro realtà, proponendo nuovi scenari e punti di vista. Segno di rinnovamento per una terra che senza sogni visionari del genere è destinata allo spopolamento e al monopolio dei demoni della criminalità.

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