Luis Sepúlveda ha aperto l’edizione zero della BOOKCITY MILANO giovedì 15 ottobre nella sala conferenze della Triennale di Milano. I saluti di Stefano Boeri, assessore alla cultura della città del libro, e di Luigi Brioschi, presidente della Guanda: entrambi pongono l’accento sulla necessità di dare forte impulso allo sviluppo della cultura, capace di generare mondi, visioni e orizzonti.; entrambi concordi che Bookcity rappresenti un forte segnale d’apertura per Milano e per l’Italia intera.
Si entra così nel vivo della chiacchierata con l’autore de Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, un uomo mite, sobrio, affabile. Discute con Bruno Arpaia, scrittore e giornalista, ma soprattutto suo grande amico. “Un paese che legge ha più possibilità d’immaginare: questo è l’unico modo che abbiamo a disposizione per uscire dalla crisi”. Così esordisce Arpaia e lo scrittore cileno rincara la dose: “Questo festival è una luce in questa Europa di crisi, crisi che non hanno fatto i cittadini, ma i nemici dei cittadini. Per uscire dalla crisi c’è bisogno di una rivoluzione dell’immaginario”. E di rivoluzione lui ne sa qualcosa.

In chiusura si accenna alla situazione politica: per Sepúlveda negli ultimi anni la politica europea è stata carente di morale e di etica. Arriva a toccare, anche in maniera abbastanza inavvertita, la politica italiana e in particolare le primarie del centrosinistra. Gli pare paradossale che appartenenti a una stessa corrente debbano rilasciare dichiarazioni rispetto alla loro ideologia e alla loro posizione, quasi per differenziarsi dagli altri (dello stesso gruppo). E non le manda di certo a dire Sepúlveda, meravigliandosi che un leader che si candida per guidare il paese citi come proprio modello ispiratore papa Giovanni.
Conclude con un messaggio di speranza: “Dobbiamo opporre a questo stato di cose una resistenza creativa e forse l’utopia di un’Europa unita, l’unica che ci resta, potrà finalmente diventare realtà”.