Per quanto la parola “commedia” sia caduta in discredito per il modo abusivo e ingiusto col quale è stata prodigata in questi tempi di penosa letteratura, qui è necessario adoperarla. Così come al cinematografo ormai si vedono lungometraggi miserevoli con gente di bassa levatura definiti attori, come tale Checco Zalone o Fabio De Luigi, l’uomo meno simpatico dell’intero cosmo.
Ma la storia che stiamo qui per raccontare potrebbe meritare l’appellativo di situazione comica. Verranno occultati nominativi e confusi volutamente spazi e tempi per non destare malumori tra i convitati.
Per motivazioni che non sono tenuto a disvelare, sono stato invitato ad un ricevimento nel salotto di un ricco orafo milanese con la grande passione per l’opera lirica. Si festeggiava Sant’ Eligio di Noyon che io ignoravo fosse il protettore non solo degli orafi, ma anche dei numismatici, dei maniscalchi e dei veterinari. Per l’occasione il nostro ospite aveva organizzato questo ricevimento che dalle quattro di pomeriggio si sarebbe dilungato fino a tarda notte.
Vassoi e piatti ricolmi di ogni squisitezza traboccavano da ogni tavolino o punto d’appoggio ci fosse in casa. Noi arrivammo intorno alle otto di sera e c’era gente che già aveva svuotato numerosi calici di vino. Veniamo assaliti da un arredamento barocco e pomposo, da statue del santo e divinità pagane nude o seminude, da vasi ricolmi di fiori finti di ogni qualità, dalle peonie alla rose, fino alle varietà più tropicali. Volte dipinte e pareti rivestite di carta da parati con motivi astratti facevano presagire poco gusto. O infima conoscenza da parte mia.

Immagine a scopo puramente illustrativo

Già il corridoio era popolato da individui della Milano che conta (i soldi), in piedi o appoggiati ai muri. Nel salottino di fronte a noi tanti volti anziani discutevano composti nelle loro poltroncine Luigi quindici, gesticolando coi calici in mano. Attraversiamo il corridoio per riporre i soprabiti nella stanza in fondo al corridoio, che fungeva da laboratorio del padrone di casa, facendoci spazio tra i presenti.

Il rubicondo orafo ci accoglie dandoci il benvenuto dalla cucina, mentre dispone delle tartine di salmone in gelatina su un vassoio. La sua assistente versava in giro del vino. “Benarrivati – fa il nostro ospite – gradite subito un Gianscionsignòn del 72 come benvenuto?”. Non avendo minimamente idea di cosa mi stessero offrendo, accetto per educazione. Brindiamo e si dirige in salotto dagli altri ospitati, scusandosi per non poterci intrattenere a lungo.

[Continua Gaepanz in un salotto aristocratico (scritto nella lingua di Balzac) #2]

5 commenti

  1. Non puoi fare così. Gaepanz tu non puoi farlo! Devi assolutamente continuare e non lasciare a metà. . Che io adesso fintanto che non arrivo aa casa in questo pullman che faccio?

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