Vengo introdotto alle persone più disparate, note in società, ma a me piuttosto oscure: il commendatore Da Blableis, la moglie del produttore Pippolud, la donna liftata che non riesce più a vedere perché gli zigomi sono saliti troppo in su e gli ostacolano la visuale (un po’ come certi paraocchi dei cavalli da calesse); la rispettabile coppia di sensibili e delicati signori che tutti sanno ma nessuno dice; la cantante, nuovo astro nascente della lirica internazionale; poi il signore col parrucchino e le basette rossastre; infine qualcuno che con l’aria smarrita salta da un capannello a un altro per cercare d’inserirsi in conversazione da troppo tempo ormai avviate.
A un certo punto dalla cucina una signora, con la tinta non ripassata di recente, avanza instabile sui tacchi e con una bottiglia in mano, si dirige nel salottino buono a cercare il suo bicchiere. Non trovandolo si apparta in un angolo e beve discretamente dalla bottiglia, credendo di non essere vista. Io non avvezzo a cotanta alta borghesia credo bene di dover ripassare il mio manuale di bon ton una volta rincasato.
Tutti i presenti godevano nel vedere la vecchia soprano ridotta in quello stato, ubriaca marcia, raccontare aneddoti dalla dubbia autenticità. Mentre raccontava l’Atomis stringeva un piccolo chihuahua al seno, che all’acuto sconsiderato della padrona, balza in terra urtando il tavolino al centro della sala e rovesciando calici e vassoi.
Il panico era bello che scatenato: la cantante urla verso il cagnetto “Vieni qUUUIII!”, “Vieni qUUUIII!”, senza curarsi dell’oscillazione dei pendagli. I signori delicati portano la mano davanti alla bocca e gli occhi al lampadario; la dama liftata resta impassibile seppur terrorizzata e l’alcolizzata nell’angolo approfitta del marasma generale per scolarsi il fondo della bottiglia.
Arriva il rubicondo ospite e si mette le mani tra i capelli, anzi in testa, vista la sua calvizie. Nota che una bottiglia intera di Balanzòn del ’74 è stata rovesciata su un prezioso persiano Isfahan, così manda tutti a casa, con sonori battiti di mani e urletti esasperati che ricordavano quelli della Atomìs, ponendo fine alla feste in onore di San’Eligio di Noyon.
Per fortuna il garzoncello del laboratorio si offre di restare per dare una mano e il il nostro ospite dimentica di buon grado il tappeto e la bottiglia andata sprecata.