La parola Riace è stata in tendenza su Twitter per mezza giornata, nelle ore successive alla notizia dell’inserimento di Mimmo Lucano, sindaco del borgo calabrese, nella lista delle persone più “potenti” del mondo stilata dalla rivista Fortune. I media e l’opinione pubblica gli hanno concesso giusto il tempo necessario per lucidare le medaglie dell’italianità e dell’orgoglio nazionale.
Qualche speciale, qualche approfondimento last minute, ma Lucano è irrintracciabile, non si concede, ha da fare lui. Tanto parlare di migranti ha più appeal quando ci accostano personaggi come Salvini o Santanché. La combinazione sindaco sconosciuto-migranti-Calabria non genera audience, click, copie (pecore nere: Nicola Zolin aveva fatto un ottimo reportage in tempi “non sospetti” e in questi giorni anche Internazionale).
Le vie di Riace (Foto di Nicola Zolin) |
E invece in questo paesello di poche migliaia di abitanti, si celava bella e confezionata la soluzione dei problemi legati allo straordinario flusso migratorio degli ultimi anni. Così come quella dell’annoso problema dello spopolamento dei paesi del sud e della (per la) mancanza di occupazione.
Riace ha acquisito la ribalta nazionale perché a largo delle sue coste sono stati rinvenuti i famosi bronzi, che del paese portano ancora il nome, nonostante si trovino nel Museo di Reggio Calabria (e per lungo tempo sono rimasti non accessibili al pubblico). Quelle acque oltre ai Bronzi hanno risucchiato lontano migliaia di calabresi, scappati negli anni da fame, miseria, mancanza di lavoro, clientelismo, ‘ndrangheta. Quelle stesse acque hanno restituito a quel popolo altri figli, scappati a loro volta da paesi in cui stavano peggio. Dal 1998 ondate di curdi, serbi, etiopi, somali, pakistani hanno baciato la costa ghiaiosa bagnata dalle acque di Riace.
(Foto di Nicola Zolin) |
Quelle case arroccate sulla collina (anche Riace come molti paesi della Locride ha subìto lo spopolamento delle zone interne e lo spostamento della città sulla costa), quei muri dall’intonaco scrostato, quelle tegole di cotto, le strade irte e irregolari, le vie ormai vuote, rotte dal silenzio dei pochi scampati all’emigrazione. Così Mimmo Lucano ha ridato voce a quei vicoli, a quelle stradine a forma di labirinto. Di poco meno di 2000 abitanti attuali, 400 sono figli del mare, provenienti da oltre 20 nazioni differenti. Lucano ha fatto il miracolo. Ha speso nell’interesse del migrante e di Riace i 35 euro giornalieri (45 per i minori) che lo Stato dà a chi accoglie i rifugiati. Il miracolo sta nell’avere sottratto quei soldi alla criminalità e a sedicenti cooperative, nell’averli fatti fruttare a vantaggio dell’economia locale. A prezzi vantaggiosi, Lucano, ha venduto o affittato ai migranti le case abbandonate del paese, ha insegnato loro mestieri destinati a scomparire, li ha collocati nelle piccole botteghe artigiane, nei campi o a fare la raccolta differenziata, ha coniato una moneta da spendere solo nei confini comunali.
Il carretto per la raccolta differenziata reca la scritta “Riace accoglie, non rifiuta” (Foto di Nicola Zolin) |
Ha strappato dall’oblio uno dei paesini che avrebbe fatto la stessa fine di molti altri borghi dell’entroterra bruzio, continua a creare posti di lavoro per autoctoni e migranti, da tre mandati continua a trattenere a sé i figli della sua terra e ad abbracciarne di nuovi, provenienti da altre, ma non per questo meno bisognosi di affetto. Perché in fondo un sindaco è come un padre, che si prende cura dei suoi figli. E in questo sta la “potenza” di Mimmo.
Ma mentre ci si affanna a costruire barriere di filo spinato, a cavalcare slogan per una manciata di voti in più, a scaldare le poltrone dei talk show alla ricerca di una soluzione teorica, a far rimbombare la propria voce dai pulpiti delle basiliche, qualcuno nella realtà è già riuscito a far funzionare modelli d’innovazione sociale, di micro-economia, pratiche di accoglienza e integrazione, turismo della terra e dell’artigianato, proposte contro lo spopolamento dei paesi e dei luoghi.
La soluzione c’è: è stata testata, funziona, possiamo esportarla senza indugio. Se solo c’interessasse davvero.