Trentuno libri (e trentuno primavere)

Qualche tempo, fa a una presentazione di un libro, ascoltavo con ammirazione questo esordiente mondadoriano che raccontava di quando da giovincello nella sua casa natale sceglieva con cura le sue letture dalla fornita biblioteca di famiglia. E poi, ribatteva l’intervistatore, anche lui da piccolo amava trascorrere i pomeriggi d’estate nella casa dei nonni, dove poteva pescare grandi classici da scaffali riforniti di ogni chicca letteraria dall’Ottocento a oggi.

E io pensavo: ma solo in casa mia, tolti quelli scolastici, i tomi dell’enciclopedia d’arredamento e le biografie di qualche santone bruzio, di libri non ne sono mai circolati così tanti? Ci sono voluti gli anni dell’università per sperimentare l’emozione di tenere un libro in mano. E leggerlo, s’intende. Da allora in poi ho cercato di capire quali fossero i miei gusti, ho recuperato classici (mica tutti, eh), intercettato le novità più interessanti per me, approfondito autori, arrivando a mettere a punto un mio personale metodo di scelta.

L’ultima pagina della mia agenda dice che nel 2018, mio 31° anno di vita, ho letto 31 libri. Epifania! Voglio ripercorrerli brevemente qui di seguito con un listone befanone, non fosse altro per la coincidenza numerica.

1.RITRATTO DI HEMINGWAY, LILLIAN ROSS (minimum fax)

Spassosissimo articolo, pubblicato in italiano quando c’era ancora la lira e non più ristampato, che Ross scrisse per il New Yorker e che la fece affermare come una leggenda del giornalismo narrativo americano. Seguì Ernest Hemingway durante un suo breve soggiorno a New York e ne restituì un affresco veritiero e divertente, non lesinando sui tic e le esagerazioni dello scrittore, all’epoca cinquantenne: s’imbriacava, voleva vedere incontri di boxe, si lamentava dell’hotel, chiamava “The Kraut” l’amica Marlene Dietrich, e Ross lo scriveva. Molti critici s’indignarono per questo ritratto, pensando che la giornalista volesse ridicolizzare i modi rudi del Maestro, ma lui le scrisse: «Chiama i fatti coi loro nomi e ‘fanculo tutto il resto» Nel frattempo nacque un’amicizia.

2. STORIA DELLA BAMBINA PERDUTA, ELENA FERRANTE (edizioni e/o)

Ultimo libro della tetralogia che mi ero ripromesso di finire prima della serie tv di Saverio Costanzo. Grande saga italiana dalla scrittura calamitante, successo internazionale di vendite, pubblicato da una casa editrice indipendente. Dovremmo esserne orgogliosi.

3. IL GIOVANE HOLDEN, J.D. SALINGER (Einaudi)

A posteriori sono molto contento di aver recuperato questo classicone alla mia veneranda età, perché ho potuto coglierne tutta la sua intensità che forse da lettore meno maturo mi sarei perso. La lingua di Salinger è modernissima ancora oggi e davvero credo che il vecchio Holden farà breccia nei cuori di moltissimi ragazzi. E chissà se qualcuno svelerà il mistero delle anatre di Central Park.

4. UNA VITA COME LE ALTRE, ALAN BENNETT (Adelphi)

Ho letto quasi tutte le pièces e i racconti di Alan Bennett e posso dire che è uno dei mie scrittori preferiti. Poi mi è capitato tra le mani questo suo testo autobiografico, che lui stesso è stato riluttante per anni nello scrivere. Parla della sua famiglia che ha molti punti di contatto con la mia. Prima di leggerlo non mi capacitavo delle numerose coincidenze, ma una volta terminato il libro sento un po’ di amaro in bocca. Perché in quelle pagine non ci ho trovato la brillantezza che mi aspettavo e perché mi ha lasciato col dubbio che Bennett in fondo dei fatti suoi non voleva proprio parlarne. Ma chi può dirlo?

5. MENO GRIGI PIÙ VERDI, ALBERTO MATTIOLI (Garzanti)

Esilarante “librino” di un melomane sfegatato (uno che sui social tiene un contatore delle recite viste/sentite, per intenderci) che evidenzia come Verdi, nelle sue opere, mette in scena tutta la nostra italianità, coi nostri pregi e soprattutto difetti. E fa notare come quei temi sono ancora, ahinoi, attualissimi. Partendo da questo saggio, ho scritto un approfondimento per Style Magazine del Corriere della Sera dal titolo Violetta come Pretty Woman, avvalendomi delle dichiarazioni estorte ad Andrea Minuz, docente di cinema alla Sapienza, e a Giulia Blasi, scrittrice e femminista, con i quali ho cercato di capire come se la passano gli italiani oggi.

6. MILANO DI CARTA, MICHELE TURAZZI (Il Palindromo)

Un non-milanese scrive un reportage letterario della città di Milano che viene pubblicato da una giovane casa editrice palermitana: forse è vero che l’occhio esterno è più capace di cogliere la bellezza. In questa guida letteraria ho scoperto episodi inediti sia della città che mi ha accolto quasi dieci anni fa, sia della vita di scrittori che a Milano ci hanno vissuto, lavorato o ci hanno ambientato i propri libri: Vittorini, Hemingway, Scerbanenco, Bianciardi, Gadda, Romano, Testori, Buzzati, Tadini, Merini. E tanto che mi è piaciuto che l’ho regalato diverse volte e ne ho scritto su Style Magazine: Milano vista dagli scrittori del Novecento.

7. LA PIÙ AMATA, TERESA CIABATTI (Mondadori)

Avevo deciso di non leggerlo sia per il polverone dello Strega, sia per la copertina che m’infastidiva un po’. Poi l’ho trovato usato e concedergli una possibilità è stata una delle migliori decisioni prese quest’anno. Con la sua lingua nevrastenica e irritante Ciabatti mi ha completamente assorbito e, anzi, mi ha inaspettatamente permesso di trovare uno stile personale per una cosa lunga che stavo scrivendo. Quindi, grazie due volte.

8. LA PAZZIA DI RE GIORGIO, ALAN BENNETT (Adelphi)

Continua la lettura dell’opera omnia di Bennett, sempre una grande conferma.

9. COLPISCI IL TUO CUORE, AMÉLIE NOTHOMB (Voland)

Non avevo mai letto nulla di Nothomb per cui questo libriccino mi ha rapito, soprattutto per l’analitica e precisa descrizione delle sfaccettature dell’animo umano.

10. UN GIORNO DI QUESTI, MARCO CIRIELLO (Rubbettino)

Ipnotizzato dalla copertina e dal titolo che in qualche modo richiama alla mente le minacce dei miei genitori (e un po’ di tutti i genitori del sud, a quanto pare), mi sono avvicinato a questo libro senza conoscere il suo autore e la sua storia. La bravura narrativa di Ciriello mi ha permesso di scoprire un pezzo di storia di Napoli, e d’Italia, degli anni Ottanta, appresso alle vicende più o meno vere, più o meno romanzate di un giornalista di cronaca nera della città che s’imbatte nella nuova camorra, in Califano che sfascia la macchina, in Fernanda Pivano, Zeffirelli e Maradona. Giusto per non esagerare.

11. A MISURA D’UOMO, ROBERTO CAMURRI (NNEditore)

Uno dei migliori libri letti nel 2018, forse uno dei migliori esordi italiani dell’anno (ma sì, esageriamo!). Si parla di provincia, di amicizia, di amore, di silenzi e di abbandoni, di resistenza, corteggiamenti e coppie stanche, di lambrusco e giardini da coltivare; con una lingua posata e precisa, che non ha fretta di condurti da nessuna parte. Perché tutto nasce e muore lì. Ho avuto il piacere d’intervistare l’autore per il servizio Romanzieri resistenti, fatto per Style Magazine e incentrato su scrittori che hanno fatto gavetta sulle riviste letterarie prima di pubblicare il loro primo libro.

12. BRAVE CON LA LINGUA, A CURA DI GIULIA MUSCATELLI (AutoriRiuniti)

Raccolta di 14 racconti che prendono spunto da una parola o un’espressione che le autrici si sono sentite rivolgere nella vita o che in qualche modo le hanno segnate. Titolo dichiaratamente ammiccante, sottotitolo più esplicativo Come il linguaggio determina la vita delle donne. Alcuni racconti sono migliori di altri ma l’idea mi è piaciuta a tal punto che ho sia intervistato la curatrice per Esquire e poi ne ho scritto anche all’interno di un approfondimento sull’importanza delle parole per Style Magazine.

13. MAESTOSO È L’ABBANDONO, SARA GAMBERINI (Hacca)

Anche qui galeotti furono copertina e titolo (e anche l’essere stato libro del mese di Fahrenheit). Racconta, se così si può dire, come la protagonista affronta una storia d’amore e la sua fine. Ci sono abbracci agli alberi, pensiero magico, spiritualità a vagonate; e forse io sono troppo razionale per apprezzare appieno queste cose. Ne è valsa certamente la pena per scoprire una piccola casa editrice indipendente che resiste alle difficoltà del mercato e a quelle della terra marchigiana, sconquassata dal terremoto.

14. PARLARNE TRA AMICI, SALLY ROONEY (Einaudi)

Anticipato da una massiccia campagna pubblicitaria su ogni supporto tangibile e digitale, mi sono avvicinato a questo esordio zeppo di aspettative. Venduto come il libro di una generazione (quella dei millennials, orientativamente) io l’ho trovato pieno di stereotipi relativi a una precisa porzione di quella generazione di cui faccio parte, sì anagraficamente, ma non mentalmente. Se mi fossi trovato davanti la protagonista credo che l’avrei presa sonoramente a ceffoni: e se fosse questo il grande merito di Rooney?

15. LE STELLE CADRANNO TUTTE INSIEME, IACOPO BARISON (Fandango)

Altrettanto dicasi per questo libro, la cui quarta recita con sobrietà: “il primo ritratto veramente lucido della generazione millennial”. Anche qui personaggi che ti fanno scappare le sberle dalle mani, certamente merito narrativo, che lasciano il posto ogni tanto a personaggi più credibili seppur più folli (il fratello di Aria meriterebbe uno spin off tutto suo). Di questo e altro ho parlato con Barison per Wu Magazine.

16. I DEMONI DEL MEZZOGIORNO, OSCAR GRECO (Rubbettino)

Il tema del disagio mentale mi ha guidato in molte scelte di lettura del 2018, per cui ho preso al volo questo saggio che racconta i primi 40 anni di vita del manicomio di Girifalco (nella provincia in cui sono nato), il secondo più grande del Sud. Ne ho scritto ampiamente in un approfondimento per Esquire, se vi va dategli un occhio.

17. SEI STATO FELICE GIOVANNI, GIOVANNI ARPINO (minimum fax)

Nella scatola di Hoppipolla, che ti spedisce la creatività a casa, ho trovato questa nuova e bella edizione del primo romanzo di Arpino. Confesso che ho fatto fatica a finirlo perché lo stile a tratti mi ha creato qualche difficoltà di attenzione (si tratta infatti di una prima stesura, Arpino stesso avrebbe voluto che scomparisse dalla circolazione), ma non chiuderlo in corso d’opera (cerco di non farlo mai, seppur è nelle prerogative del lettore) mi è servito per scoprire che già verso gli anni Cinquanta qualcuno favoleggiava sul reddito di cittadinanza. A p. 79 infatti i protagonisti discutono: “Ci sono paesi dove pagano i disoccupati. Li mantengono perché possano vivere bene”.

18. IL CIELO COMINCIA DAL BASSO, SONIA SERAZZI (Rubbettino)

Un breve concentrato di letteratura, una boccata di aria fresca, un libro di cose minime, insignificanti, annotate con cura su un’agenda dalla protagonista di questa storia, ambientata in un paese di provincia come tanti. Una zitella che non si cruccia di essere tale e che ha come amica e confidente la vecchia nonna che vive in casa con lei e i suoi genitori. Le luci accese della casa dei vicini, il pullman per andare nel capoluogo, le passeggiate estive al fresco della sera vestiti alla bell’e meglio. Cos’è la poesia se non qualcosa del genere?

19. TRA LORO, RICHARD FORD (Feltrinelli)

Seriamente intenzionato a esplorare vari modi di parlare della propria famiglia, mi sono imbattuto in questo osannatissimo libro restandone però deluso. Ford racconta, in due parti distinte e scritte anche in periodi molto lontani tra loro, i suoi genitori con le loro peculiarità e s’interroga su cosa avrebbero fatto se lui non fosse nato, se fossero state persone diverse, più felici, più vive. Non mi ha suscitato alcuna emozione, anzi ci ho trovato fin troppa lucidità analitica. Ma forse è colpa mia che l’ho iniziato come fosse un romanzo.

20. VOLGARE ELOQUENZA, GIUSEPPE ANTONELLI (Laterza)

Agile saggio del linguista Antonelli su come le parole e il linguaggio hanno paralizzato la politica italiana. Ho fatto due chiacchiere anche con lui per venire a capo dell’approfondimento sull’importanza delle parole che ho scritto per Style Magazine.

21. IL FIGLIO PREDILETTO, ANGELA NANETTI (Neri Pozza)

Forse il peggior romanzo letto quest’anno, talmente infarcito di retorica e luoghi comuni che non mi capacito ancora di come sia finito nella dozzina dello Strega. O forse sì.

22. DOPO IL DILUVIO, LEONARDO MALAGUTI (Exòrma)

Per fortuna dopo la tempesta è arrivato il Diluvio, da cui sono uscito in preda al delirio. In primis perché è scritto da un 25enne con una lingua perfetta e uno stile brillante, che sembra frutto di anni di libri pubblicati. E poi perché racconta una storia balorda e grottesca – un paesino ubicato in una conca che si allaga dopo un diluvio portando a galla le stranezze e le fobie degli abitanti – che è una maledetta allegoria col nostro presente sgangherato, in cui ci sentiamo minacciati da invasioni che non esistono, in cui alle donne stuprate si chiede di pagare il conto e la gente manganella sui social senza pietà. La migliore sorpresa del 2018.

23. I MIEI PICCOLI DISPIACERI, MIRIAM TOEWS (Marcos y Marcos)

Altra grande prova della canadese Toews, in cui racconta la storia (che più o meno è anche la sua) di una sorella che deve cercare di convincere l’altra a non uccidersi, perché tutto sommato è meglio vivere che morire. Un romanzo toccante sferzato dall’onnipresente ironia di una ragazza che ne ha fatto la propria arma per sfuggire alle rigide regole della comunità mennonita in cui è nata. Ogni volta che chiudo un libro di Miriam Toews penso: bello, anche con una cinquantina di pagine in meno.

24. I GEMELLI GHEDDAFI, MARCO UBEZIO (Bookabook)

Giallo di ambientazione meneghina, scritto da un amico a cui vanno tutta la mia ammirazione per l’impresa e tutti i miei appunti rompipalle. Una storia in cui sono invischiati cantanti lirici, poliziotti, alti prelati, trafficanti di libri antichi e quello strano sentimento che move il sole e l’altre stelle.

25. BELLA MIA, DONATELLA DI PIETRANTONIO (Einaudi)

Folgorato dall’Arminuta, sono rimasto invece deluso da questo secondo titolo della dentista-scrittrice abruzzese. Un romanzo più pensato che scritto, in cui si racconta la storia di una donna che ha perso la sorella gemella nel terremoto dell’Aquila e che si trova a fare da madre al figlio di lei.

26. CRONACHE DELLA FAMIGLIA WAPSHOT, JOHN CHEEVER (Feltrinelli)

Pubblicato nel 1957 questo godibile romanzo racconta l’apparente normalità di una famiglia di un paesino del New England. E dietro allo sfaccendato capofamiglia, ai gemelli impertinenti, alla dispotica cugina Honora non possiamo che scorgere piccole porzioni di noi stessi. E riservare loro indulgenza difronte alle malefatte.

27. DAL TUO TERRAZZO SI VEDE CASA MIA, ELVIS MALAJ (Racconti Edizioni)

Raccolta di racconti pubblicata da una giovane casa editrice che fa qualcosa che ai più appare degna di una fatica di Ercole: pubblicare in Italia solo libri di racconti. Questo in particolare è il primo italiano pubblicato, sebbene l’autore sia nato in Albania.  Ho intervistato il 28enne Malaj per il mio servizio sugli esordienti che hanno fatto gavetta sulle riviste e sono rimasto affascinato dal modo in cui nei suoi testi riesce a parlare schiettamente del rapporto e dei pregiudizi tra italiani e albanesi.

28. LA STRADA, CORMAC MCCARTHY (Einaudi)

Altra operazione di recupero, pare, imprescindibile. Un padre e un figlio scappano dai cattivi in una terra che è stata arsa da qualcosa simile a un disastro tossico. Vivono di quello che trovano, non hanno un meta precisa a cui tendere, ma camminano. Mi hanno fatto arrivare alla fine solo le poche parole che si scambiano padre e figlio,  brevi dialoghi che strappano il cuore.

29. GLI ANNI AL CONTRARIO, NADIA TERRANOVA (Einaudi)

Dirsi e non dirsi, amarsi e non amarsi, mentirsi o dirsi la verità: la storia di una coppia di ragazzi della Messina degli anni ’70 in bilico tra separazioni e avvicinamenti, impegno nel privato e impegno nella Storia, dipendenze e lutti improvvisi. Un romanzo che riflette sul fatto che forse nessuno può salvare se stesso, figuriamoci gli altri.

30. LEGGENDA PRIVATA, MICHELE MARI (Einaudi)

Altra famiglia, altra voce, quella di Michele Mari, tra le più colte e intelligenti del panorama letterario italiano. Una volta entrati in sintonia col suo modo elegante di narrare, si precipita in un mondo magico in cui vivono i personaggi della sua famiglia e della sua infanzia: i genitori, i nonni, la domestica dalle unghie sporche, la bambina un po’ rozza che gli fa perdere la testa, gli intellettuali che circolano in casa, i gestori dell’osteria. Davvero una chicca.

31. MATRIGNA, TERESA CIABATTI (Solferino)

Meno compiuto del precedente, a tratti dà l’impressione di essere stato scritto di fretta, quest’ultimo libro di Ciabatti torna sulle dinamiche familiari (questa volta non sue), torna sul rapporto con uno dei genitori (stavolta e la madre), torna sul carattere inquieto della protagonista e narratrice (molto meno inquieto della precedente). Forse serviva più all’autrice per chiudere un cerchio personale.

Se siete arrivati fino a qui vi meritereste un premio in danaro per non essere sprofondati nella noia, ma siccome non sono particolarmente abbiente vi invio la mia stima virtuale e v’invito a scrivermi per discettare di libri e scrittori. Nel frattempo mi porto avanti così magari l’anno prossimo di questi tempi avrò finito di leggere il libro numero 32. Adiòs.

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