In una calda giornata di mezza estate ho provato a sedare il senso di vergogna che mi pervade quando penso che so così poco della terra da cui sono andato via. Non ero mai stato a Morano, per esempio, definito il presepe del Pollino per come le casette si avviluppano sul colle sui cui sorge. Non sapevo nemmeno che il Pollino fosse da alcuni considerato il monte di Apollo, o da altri addirittura l’Olimpo della Magna Graecia (sì, in Calabria siamo molto attaccati ai fasti del passato). Così come non sapevo nulla del parco che lo circonda. Niente delle vette che superano i 2000 metri, niente dei fossili di molluschi marini e dello scheletro di un elefante rinvenuti in queste valli. Niente delle piante officinali che vegetano a queste altitudini, né del pino Loricato che si trova solo qui e nei balcani. Niente delle gole profonde, dei canyon naturali, delle rapide, dei fiumi, dei dirupi, delle grotte, dei pianori, dei pascoli ad alta quota; e c’è voluto il film di Michelangelo Frammartino – Il buco – premio speciale della giuria all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, per farmi scoprire l’esistenza dell’Abisso del Bifurto, una delle grotte di origine carsica più profonde del mondo che si trova proprio a una cinquantina di chilometri dal terreno dei Rocco.
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