“Oi, come sono stanco”, dice, “oggi non mi sono fermato un attimo” e terminata la frase, senza perdersi in convenevoli, mette in moto e inizia con una spiegazione che deve aver imparato a memoria. “Ti racconto un po’ della storia dell’isola, se per te va bene”. Come un aedo, parte dal principio, da quei pastori sardi e da quei pescatori liguri, ultimi abitanti dell’isola, che nel 1885 vengono cacciati dalla loro terra per decreto regio. Quarantacinque di quelle famiglie s’insediano sulla sponda difronte, dove fondano il borgo di Stintino da cui possono guardare ogni giorno l’isola perduta. “L’Asinara diventa un lazzaretto e una colonia penale, viene costruito un sanatorio e gli stazzi dei pastori vengono trasformati in diramazioni carcerarie”. Durante la prima guerra mondiale vengono deportati qui ventiquattromila soldati austroungarici, a cui seguono indispensabili lavori di bonifica e ampliamento. “Quando poi in Italia scoppia la stagione del terrorismo nero e rosso, i terroristi vengono trasferiti qui, a Fornelli, nel carcere di massima sicurezza voluto dal generale Dalla Chiesa”. L’edificio non è più visitabile da un paio d’anni per qualche problema strutturale, mi dice. “Da questo periodo in poi l’isola diventa una casa di reclusione vera e propria, per detenuti con pene a lungo termine e anche fine pena mai. Oltre agli stragisti ci mandano criminali dell’Anonima Sarda e poi anche detenuti comuni, i quali, non essendo sottoposti al regime di massima sicurezza possono svolgere qualsiasi lavoro, macellaio, muratore, elettricista, insomma tutte quelle figure indispensabili per fare andare avanti un microcosmo”.
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