“Sfiziosa?” domanda il cameriere. “Per me, grazie”, rispondo e mi adagia sotto il mento una pizza enorme che fuoriesce dal piatto. Nicola, come tutti i napoletani, guarda la sua con circospezione. “Mi ha salvato una mia amica che aveva lavorato con me nella fabbrica. Mi ha detto ‘Andiamo in Italia, lì c’è lavoro’ e così siamo partite, senza niente, senza un soldo”. Dice, Liliana, che l’unico pensiero che la consolava era sapere che stava andando a vivere nel paese del Colosseo e di Michelangelo. “Tutto quello che guadagnavo lo mandavo alle mie figlie, soprattutto alla piccola che si era iscritta all’Università. Mandavo pure alla grande che aveva un bambino malatuccio bisognoso di medicine e alcune volte anche a mia madre che viveva con una pensione bassissima”.
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