Fabrizio parla degli anni Ottanta come di un’età dell’oro, ancora più lucente, forse, perché osservata dall’altra parte del mare, da un’isola dove ogni cosa che accade nel continente appare esotica, lontana, invidiabile. A me quel periodo ha sempre suscitato invece un certo disgusto, portandomi a confinarlo, nella mia mente, solo al decennio che mi ha dato i natali. “Gli anni della deportazione sono stati sette, pesantissimi. Poi è avvenuto il miracolo: mio cognato mi ha trovato un lavoro in una fabbrica in provincia di Torino, così me ne sono potuto andare dalla Sardegna”.
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