Secoli di dibattiti filosofici, di trattati e saggi, di analisi e invettive, non sono riusciti a dare una risposta certa a una delle domande che da millenni tortura l’essere umano. Siamo nati buoni o malvagi?

Sarebbe illusorio ripercorrere qui secoli di storia del pensiero filosofico. Ma è possibile indicare alcuni dei passaggi e delle posizioni che più di altri si sono affermati, determinando punti di svolta o ulteriori riflessioni nel continuo interrogarsi dell’uomo.

 

LO STATO DI NATURA

 

Tanto per cominciare occorre considerare che i più grandi pensatori che si sono posti l’annosa questione, partivano dal presupporre l’esistenza di una condizione ipotetica in cui gli uomini vivevano senza però essere associati tra di loro, né diretti da norme, leggi e governi. Il cosiddetto stato di natura.

 

THOMAS HOBBES: L’UOMO È EGOISTA E MALVAGIO

 

Nel Leviatano – sua opera maggiore pubblicata nel 1651 – il filosofo inglese Thomas Hobbes immagina che nello stato di natura gli uomini posseggano un diritto naturale su ogni cosa, compresa la vita degli altri uomini. E possano ricorrere a ogni mezzo per garantire la propria sicurezza. In un mondo siffatto non sconvolge che si sia sempre in guerra (bellum omnium contra omnes) perché in fondo ogni uomo può essere il lupo. Il predatore, degli altri uomini (homo homini lupus).

Secondo Hobbes gli uomini risolvono questa situazione, impossibile da portare avanti, rinunciando ognuno ai propri diritti su ogni cosa. Stringendo un patto per preservare se stessi e la pace e incoronando un monarca assoluto (o un’assemblea di uomini), alle cui leggi e al cui volere si sottopongono (se vi sembra troppo semplicistico è perché non avete ancora letto cosa scriveva Locke).

 

JOHN LOCKE: L’UOMO È FATTO PER VIVERE INSIEME AGLI ALTRI

 

Una trentina di anni dopo, il filosofo inglese John Locke (poi passato alla storia come il padre del liberalismo) scriveva nei suoi Trattati sul governo che nello stato di natura gli uomini hanno piena libertà di vivere come ritengono opportuno. E possono disporre dei loro beni come meglio credono, fin tanto che con le loro azioni non ledono la libertà degli altri. Nessuno ha il diritto di arrecare danno o porre fine alla vita degli altri e questo perché tutti dobbiamo rispondere alla legge di natura che poi coincide con la ragione (ah, che illuso!).

Ognuno può punire i trasgressori di queste semplici leggi. Ma va da sé che questo meccanismo ha bisogno di essere normato perché l’uomo è sì libero e uguale agli altri, ma facilmente parziale e corruttibile. Da qui la nascita di uno stato di diritto, basato su leggi uguali per tutti che sono buone e giuste perché l’uomo ce le ha già nel suo cuore. Gli uomini per Locke riusciranno in questo arduo compito perché sono creati per vivere insieme, e non per patire la solitudine.

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