[…continua dal Manuale di sopravvivenza ai colloqui di lavoro – Lezione 2]
COME SI VEDE DA QUI A 10 ANNI? Ecco un’altra domanda tipica e decisiva di ogni colloquio di lavoro che si rispetti. Come ormai avrai imparato dalla Lezione UNO e DUE il segreto per superare il primo colloquio è quello di dire minchiate. Loro lo apprezzano.
Ognuno di noi alla domanda “Come si vede da qui a 10 anni?” vorrebbe rispondere: “Guardi, vorrei sposare una bella ereditiera vecchia e vedova, ricca da fare schifo, darle qualche bacino di tanto in tanto tappandomi il naso, e aspettare con impazienza di sotterrarla. E poi godermela per il resto della vita, viaggiando e passando da una festa all’altra”.
Lavorare nel pubblico |
Altri ancora vorrebbero dire: “Mah… in fondo mi piacerebbe aver trovato un bel lavoro, magari nel pubblico che sono più flessibili, mettere su famiglia, fare un paio di figli e invecchiare felice!” ma neanche questa risposta ti porterebbe a superare il suddetto colloquio. Specie lo stai facendo in un’azienda privata.
Non è vincente neanche qualcosa come: “Veda, quello che cerco è un lavoro creativo, altamente stimolante… dove non siano fiscali con gli orari, dove posso arrivare alle 10-10:30, e poi magari lavorare fino a sera… tanto, scioè, io sò da filosofia che è meglio a qualità da quantità, nun trova? Il top sarebbe trovare un capo che se fà e bombe commè, figo no?”. Soprattutto se ti trovi da Unicredit. Sai com’è.
Quindi la risposta più opportuna potrebbe essere, assumendo l’aria da stronZa di Caterina Guzzanti quando imita la Gelmini: “Dunque (già esordendo col dunque hai guadagnato punti), mi piacerebbe entrare a far parte di una realtà che mi permetta di esprimere al meglio le mie potenzialità, di lavorare bene col team e di aspirare ad una carriera all’interno della stessa realtà aziendale (e con realtà aziendale altre due punticini)”.
Sì avete capito bene: dovete dire frasi come queste, senza senso, vaghe e generiche, che vi faranno passare per un essere medio e privo di personalità. Ma loro questo vogliono. Lo dice anche il loro manuale della Gestione delle risorse umane nelle realtà aziendali.
DOMANDE STRANE A SORPRESA. Si tratta di quella domanda che tutti sanno potrebbe capitare ma che tutti pregano e sperano fino alla fine che l’intervistatore risparmi. Tutti se ne chiedono l’utilità, ma nessuno lo hai mai capito, nemmeno loro.
Ti accorgi che sta arrivando il fatidico momento quanto il tizio davanti a te, si guarda intorno, prende fiato, accenna un ghigno beffardo e dice: “Bene, bene…”. Pausa. E tu in quel momento vorresti sprofondare nella poltrona scomoda che ti hanno rifilato, o alzarti in piedi, fermare tutto e salutare gli amici che ti stanno guardando da casa (rivolgendo lo sguardo verso degli angoli della stanza a caso, dove sei certo si nascondano le telecamere).
Finita quella pausa interminabile, il ghigno diventa un sorriso da stronzo e l’intervistatore esclama: “Le farò una domanda un po’ bizzarra, ma non si faccia intimorire, mi dia comunque una risposta”. E nel sorridere gli splende un dente come nella pubblicità di un dentifricio.
“Quanti ascensori ci sono in Italia?”
Dalla tua reazione dipende l’esito del colloquio. Potresti avere quel lavoro se non offenderai né la madre, né la sorella dell’intervistatore. Neanche in maniera alternata. E intanto fuori comincia a piovere, perché Gesù, i santi e i cari defunti del signore seduto davanti a te piangono da quante gliene hai mandate.
4 commenti
Esilarante e azzeccato!! ^^
Grazie mille, Mr. ascensore!
bravissimo. Finalmente ho capito perchè non vengo presa ai colloqui. MAI
Prova a rivelare la tua identità, Anonimo. Magari ti prendono! 🙂