Rimasto non indifferente alle parole dei miei superiori, ho cominciato ad andare al lavoro con animo meno sereno. Mi sono fatto coraggio e, sfoggiando uno dei miei sorrisi migliori, mi dirigo verso la mia bella reception-scrivania in una uggiosa mattina di fine aprile. Il forte odore di candeggina che proviene dalla sala appena pulita mi fa venire il volta stomaco.
Tizio ha già aperto la sala, ha acceso le luci e accolto i primi studenti. Io arrivo e bonariamente chiedo come sta. E lui bonariamente mi risponde con la sua voce rovinata dal fumo:
Intorno alle 9 e 30 arriva la dottoressa Tizia, come di consueto. Ormai comincio a capire i loro spostamenti: lui quando viene, arriva per le 9 ed è puntuale. Per fortuna, perché con il mio famigerato senso del tempo rischierei di far studiare i ragazzi nella tromba delle scale, se dipendesse esclusivamente da me l’apertura della sala. (Ahi quanto mi sono dovuto pentire di questa infausta affermazione!).
Quella mattina dunque, rimasto solo, vedo incedere Tizia con i suoi grandi occhiali da sole, preceduta da zaffate prepotenti di profumo. Sento una voce, una musica, non riesco a distinguere. Come nei film in cui quando arriva un personaggio a rallentatore e si sente la musica di fondo! Dico, è impossibile. Non riesco a capire. Più Tizia si avvicina, più riconosco la melodia: è Pensiero stupendo di Patty Pravo e la misteriosa fonte è proprio la dottoressa sociologa. Mi passa davanti, ancheggiando, occhieggiando, sorridendo, cantando. Penso tra me e me, “Oggi forse è più tranquilla!”. Mi saluta, chiamandomi per nome, sorride, è solare, commenta le notizie di cronaca scherzandoci su per sdrammatizzare. Comincio ad attribuirle delle vere capacità e competenze.
Nei momenti in cui il nostro allegro colloquio si arresta un attimo, lei canticchia canzonette degli anni 60, da Mina a Ornella Vanoni, con una voce profonda e languidamente sensuale, non proprio da Sanremo ma neanche stonata. Cerco così di far convergere la mia concentrazione sulla tesi, ma ogni volta che inizio a leggere un periodo sono interrotto o da qualche Si Bemolle decisamente poco molle, o da un “Hai visto Belen che ha lasciato Corona! Ah ah ah ah , tutte mignotte sono! Ah AH Ah!“. Stanco dalle mille interruzioni cerco soltanto di annuire e sorridere cortesemente, contento comunque del bel clima che si respira.
Invece inizia una soave melodia e sul palco tra qualche applauso timido, compare lei accompagnata dai suoi fianchi e dalla suo chioma infuocata. Comincia a cantare L’appuntamento di Ornella Vanoni, con una di quelle basi-midi da sagra della ‘nduja. Vedere lei tutta convinta sul palco, una platea composta da tante poltrone vuote e qualche spettatore sulla sessantina (alcuni visibilmente eccitati, altri visibilmente assopiti) e dopo aver sventato una minaccia hard, ho cominciato a sospirare, cercando di contenere qualche risolino. Mi è sembrata comunque umana e bramosa di fama (come me, tra l’altro) e le ho voluto un po’ più bene. Dopo essermi sorbito 4 minuti e 56 di video, tutto, ed essermi debitamente complimentato, mi rimetto a studiare.
E io che non riuscivo a comprendere il riferimento indago: