La nuova copertina arcobaleno di Rolling Stone non mi convince. Ma non la copertina in sé, che è pure bella, e nemmeno l’operazione editoriale, che sicuramente porterà alla vendita di qualche copia in più. Quello che non mi convince è ciò che c’è dietro.

E non perché gli intellettuali italiani che si sono schierati contro Salvini arrivino sì e no a cinquanta, da Daria Bignardi a Zero Calcare, passando per Tommaso Paradiso e Marcello Fonte (che dopo Dogman va di moda). E nemmeno perché tra questi compaia Enrico Mentana che sul suo profilo Facebook ha pubblicato le conversazioni (poi cancellate) che testimoniano la sua non adesione all’appello propostogli da Massimo Coppola, nuovo direttore della rivista. E nemmeno perché quest’ultimo, come dicono le male lingue, abbia necessità di riposizionarsi dopo qualche operazione poco felice come il fallimento della sua casa editrice ISBN e la conduzione di Masterpiece, il talent per scrittori su Rai Tre, oltre che far vendere copie al suo magazine (cosa legittima, ci mancherebbe). E men che meno perché le affermazioni di Salvini appaiano particolarmente edificanti o logiche. Chiunque, un minimo informato e di buon cuore, non può che indignarsi alle sue uscite razziste e xenofobe.

L’operazione non mi convince perché, a primo impatto, sembra una versione stanca e scopiazzata di quei girotondi antiberlusconiani che per molti anni hanno riempito le piazze senza riuscire a trasformarsi in una proposta di opposizione vera. Tant’è che Berlusconi è rimasto sulla scena politica italiana per un ventennio. Non mi convince anche perché se si afferma di non volere “che il nostro Paese debba trovare un nemico per sentirsi forte e unito”, non si può fare lo stesso gioco dei populisti individuando in Salvini il capro espiatorio da sacrificare. E soprattutto non mi convince perché dà l’impressione che tutto quello che una volta era il popolo dei girotondi, poi quello viola e ora quello delle copertine, non ha ancora davvero capito come il centrosinistra (di cui, in larga scala, è espressione) ha fatto a ridursi a minoranza taciturna. La copertina, con relativo hashtag, resterà in trend topic su twitter per una giornata, la rivista venderà un centinaio di copie in più ma dal giorno dopo ce ne saremo già dimenticati mentre Salvini sarà ancora attaccato ai suoi microfoni a gridare sconcezze, applaudito dal 30% degli aventi diritto al voto.

Se anni di antiberlusconismo ci hanno insegnato qualcosa è che parlare solamente non serve più, ancor meno firmare comodamente da casa un manifesto. Certo è meritorio, è indispensabile, serve a contarsi, ma una volta che ci siamo contati poi che facciamo? Ci guardiamo negli occhi? Forse è arrivato il momento di cambiare, se fra vent’anni anni non vogliamo ritrovarci Salvini ancora tra i piedi. La soluzione? No, non ce l’ho. Perché in un periodo in cui la gente non crede più né ai dati statistici e né alla scienza è davvero difficile farsi ascoltare.

La butto lì: che la risposta non sia proprio in questo? Forse possiamo fare a meno di farci ascoltare optando per vederci e farci vedere? Personalmente, fisicamente, tra i bambini, tra i ragazzi, nelle mense dei poveri, tra i barboni, tra disabili, nei centri d’accoglienza per migranti. Che non sia questa l’unica, semplice e “buonista” soluzione per battere Salvini? Magari facendo capire a chi ha più bisogno che c’è gente di ogni colore, orientamento sessuale, schieramento politico e religione che può fare del bene cominceremo ad ascoltarci e a comprenderci. Mentre la politica ritrova se stessa nel frattempo faremmo bene a cominciare a consultare il sito del volontariato dei nostri comuni.

AGGIORNAMENTO 06/07: a conferma che l’operazione di Rolling Stone sia più utile al suo direttore che alla “causa” arrivano (dopo Mentana) i post di Gipi, Alessandro Robecchi e Valentina Petrini, le cui dichiarazione pubbliche sono finite impaginate, a loro insaputa, dietro un bell’arcobaleno. Quant’è bello il mondo.

AGGIORNAMENTO 07/07: si sfilano anche Fiorella Mannoia e Michele Serra. C’è più gente che si sta chiamando fuori dal manifesto di Rolling Stone che dalla giunta Raggi.

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