Nel 2018 ricorrono i quarant’anni dell’approvazione della cosiddetta legge Basaglia (180/78) che portò alla chiusura dei manicomi, regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio e riformò l’intera psichiatria italiana in senso meno restrittivo e repressivo, con una spiccata attenzione alla riabilitazione psichica e sociale del malato. Nel luglio 2018 il Ministro dell’Interno Salvini dal palco di Pontida si è riferito a quella legge come a “una assurda riforma che ha lasciato nella miseria migliaia di famiglie con parenti malati psichiatrici”.
Le parole di Salvini si collocano nell’ambito di una precisa dialettica che ha lo scopo di aggregare una comunità che si riconosce intorno ai valori di Patria, Dio e famiglia, che crede nella pulizia e nell’ordine, che respinge e ricaccia chiunque non rientri in questa concezione. Non è un caso che le prime affermazioni politiche sue e dei suoi seguaci abbiano toccato migranti, rom, gay e “malati psichiatrici”, categorie che sparigliano i concetti di ordine e pulizia, all’interno delle quali fino pochissimo tempo fa rientravano anche gli abitanti del Sud Italia.
Di preconcetti, meridionali e malati di mente parla anche il recente saggio dello storico Oscar Greco, ricercatore presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università della Calabria, intitolato I demoni del Mezzogiorno. Follia, pregiudizio e marginalità nel manicomio di Girifalco (1881-1921) uscito per Rubbettino Editore. Attraverso l’analisi del materiale d’archivio del manicomio (in provincia di Catanzaro, seconda struttura del sud Italia dopo Aversa), Greco offre uno splendido esempio di come l’analisi microstorica sia in grado di fornire aspetti essenziali per comprendere i macro eventi che hanno segnato la società e leggere il presente. Il libro ha due grandi meriti.
Il primo è dimostrare attraverso lo studio delle cartelle cliniche e della corrispondenza con le famiglie degli internati, che i manicomi, soprattutto a cavallo tra Ottocento e Novecento, erano considerati luoghi idonei alla segregazione dei cittadini ritenuti non presentabili, oltre che di quelli effettivamente malati. Durante il lento processo di formazione dell’identità nazionale i manicomi servivano a nascondere quanti non erano in grado di contribuire alla nascita di questa nuova società e che non s’integravano con i canoni della cultura borghese e liberale. Non per niente Basaglia parlava di discarica sociale volta all’esclusione.