Carissimo 2019, o generoso anno nuovo, tu che ti appresti a portarci altri 365 giorni di angherie e illusioni, mostrati benevolo verso di noi comuni mortali radical chic, quanto meno un po’ più dei tuoi predecessori. Caro happy new year, saresti così gentile da eliminare alcune parole ed espressioni dalla bocca e dal cervello degli italiani (che popolo di poeti non lo sono più da un pezzo)? Sarà perché l’anno scorso, di questi tempi, non ho debitamente messo il guardia il tuo predecessore, ma sappi che il 2018 ci ha fatto sanguinare le orecchie in più di un’occasione. Quindi sii buono, magnanimo 2019, rimetti a noi i nostri debiti ma liberaci da certe parole che sono il male.

Tanto per cominciare ti chiederei di far sparire il buonsenso dalle fauci dei nostri governanti visto che, non per fare il superficiale, ma uno che gira orgoglioso con una medaglietta di Padre Pio nel taschino della giacca, uno che si affaccia da un balcone e grida come una vrenzola di aver abolito la povertà e un altro che si fa i selfie mentre addenta una fetta biscottata colma di Nutella, di buonsenso (e buongusto) non è che ne abbiano proprio da vendere.

Che ne dici di spazzar via, luminoso 2019, buonista e il suo compagno analfabeta finto-buonista, radical-chic, populista e sovranista, cosidetto-giallo-verde e l’ala-più-a-sinistra? Ma anche il cerchio-magico e le accozzaglie, i franchi-tiratori e i candidati-premier-in-pectore, le polizze-a-sua-insaputa e il fidati-di-me (non sono un latin lover); e già che siamo in ambito, vedi un po’ se puoi fare qualcosa con porcellum, mattarellum, consultellum, rosatellum, fianellum, che veramente con tutti sti -ellum sembra di stare in un elegia di Properzio. Aiutiamoli a casa loro! E non è che ti andrebbe di darci una mano a dimenticare anche tutte quelle manine impertinenti che cambiano disegni di legge nottetempo? E se ti senti generoso anche impeachment (nonché impingement!), por favor.

Poi, caro anno nuovo, non so se lo sai, ma in Italia si è creata una cerchia di pseudo intellettuali, giornalisti e commentatori, che è seriamente convinta di essere superiore agli altri perché usa ripetutamente le seguenti parole:

  • gentrificazione, ovvero l’imborghesimento di un quartiere popolare, che ormai usano per riferirsi a qualsiasi ambito: ho sentito parlare della gentrificazione della nicotina, della trippa, della trap, e anche mia nonna, l’altro giorno, non si capacitava di come le sue gambe si fossero gentrificate;
  • distopia, ovvero la rappresentazione di un futuro in cui si prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi (contrario di utopia), adoperata a caso per denotare qualsiasi film, libro, serie tv, situazione politica che non si è in grado di comprendere (grazie Margaret, per averci trascinato in questo tunnel);
  • bolla, dall’inglese filter bubble, ovvero l’habitat web che malefici algoritmi hanno creato a nostra immagine e somiglianza, dove quindi tutti la pensano come noi e ci danno ragione. Capisco il fascino del concetto ma non si può leggere un articolo e trovare ogni due parole un fuori dalla bolla, un dentro la bolla che pare una lezione di balli di gruppo (che poi è un po’ come paese reale, che fa presupporre l’esistenza di uno finto; a proposito 2019, portatati via pure suddetto paese con tutti i filistei);
  • scena: ma davvero si può credere di diventare all’improvviso intellettuali e affascinanti solo scrivendo “la scena hip hop”, “la scena eno-grastronomica milanese”, “la scena letteraria” e “la scena black metal norvegese”? Ma la scena de li mortacci vostri!
  • registrare, altro vezzo linguistico di una classe disagiata che è convinta di star scrivendo l’Encyclopédie con Diderot: è importante registrare, bisogna registrare, registrare una sensazione, registrare un fenomeno, un fatto, un dato, un sentimento: ma ché davero?

Continuando nei miei pacati suggerimenti, oh luminoso 2019, che ne dici di eliminare anche “il tema è” e chi fa uso di questa detestabile espressione per cercare di convincerti su un ragionamento che nel migliore dei casi non sta in piedi, nel peggiore è fuffa in aziendalese? Così come l’onestà intellettuale, mio caro anno nuovo, che i tuoi predecessori non sono riusciti a debellare: ripetiamolo, se tu chiedi a qualcuno onestà intellettuale gli stai dando dell’idiota. Quindi, non essere pavido, diglielo direttamente che è un idiota, al massimo ti cancellerà da Facebook, poco male. Il mio radar linguistico ha registrato, ops, ha captato anche un uso esagerato della parola resilienza che, a mio modesto parere, per usarla così smodatamente o devi essere uno psicologo esperto di traumi o al massimo Anna Karenina. Siamo quasi alla fine, egregio 2019, ma ho ancora qualche richiesta da sottoporti: potresti far morire insieme al 2018 anche attenzionare, endorsare e googlare? È importante sapere che esistono i corrispettivi in italiano e che usare questi termini conferisce tutt’al più la brillantezza e il guizzo di una festa a sorpresa al Carrefour.

Se non ti sembra troppo, gentile anno nuovo, ti chiederei di eliminare quei libri dove i personaggi con la fronte imperlata di sudore e le camicie dai colletti inamidati, sbocconcellano cibo nelle loro case dai muri sbrecciati e dai pavimenti in linoleum. Ma davvero non vi vengono in mente altre perifrasi?

Per concludere, magnifico 2019, fai sparire tutto sto cambiamento che si vede in giro. Che sia vento, che sia climatico, che sia governo (che poi, il primo partito è quello più vecchio di tutto l’attuale parlamento, come si cambia per non morire): noi siamo tradizionalisti, ci piace il vintage, non ci siamo abituati a tutte ‘ste novità.

Anno nuò, datti da fare!

ECCO COSA CHIEDEVO IN PASSATO

[Foto in alto: Courtesy Genny Di Virgilio]

 

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