Se non avete mai sentito parlare di podcast probabilmente vivete in una spelonca e avete tagliato i ponti col resto del mondo, reale e virtuale. Scelta che in parte potrebbe essere auspicabile in questo strano momento, in cui siamo bombardati da migliaia d’informazioni e sotto il fuoco incrociato di fake news e notizie manipolate. Forse proprio in quest’esigenza di ritagliarsi momenti di sano e virtuoso approfondimento si può rintracciare la rapida diffusione quest’anno dei podcast in Italia.

Sgombriamo subito il terreno semantico da dubbi e inesattezze: la parola nasce dalla fusione di PoD (Personal on Demand) e Broadcast (trasmissione, diffusione), quindi il podcast è una trasmissione di contenuti su richiesta. Nei primi casi ci si riferiva con questo nome ai contenuti audio e/o video precedentemente trasmessi in radio e tv, fruibili nuovamente sul web. Ma poi quando Apple ha intuito il potenziale e ha deciso d’investire nel settore – inserendo tra le funzionalità del proprio iPod la voce di menù dedicata al podcasting e rimpinguando l’offerta del proprio store con numerosi podcast gratuiti – il passo per l’esplosione del fenomeno è stato breve. I podcast si possono ascoltare online o scaricare sul proprio dispositivo.

L’America ha fatto da capo la sin dal 2004 con la diffusione di un’offerta variegata. A titolo esemplificativo citiamo Serial, il podcast di più grande successo nella storia degli Stati Uniti, lanciato nel 2014 e diventato un vero e proprio fenomeno di culto, in cima alla classifica dei podcast iTunes per molto tempo. A metà strada tra narrazione e inchiesta giornalistica, nella prima stagione ha raccontato il caso dell’omicidio di una studentessa diciottenne di Baltimora, mentre con la seconda, nel 2016, la storia di un soldato americano tenuto prigioniero dai Talebani per cinque anni e poi accusato di diserzione.

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