Adoro alla sera, quell’aria calda, avvolgente, familiare; quella che si sente pochi attimi dopo che il sole è stato inghiottito dall’orizzonte. Quando la luce è ancora accesa e si adagia sui muri delle case dolcemente, con toni ranciati, speziati, rossastri e ambra. Sul ciglio di una primavera che arriva timidamente e con una certa difficoltà, ma l’aria è già calda, piacevole, rassicurante. Adoro affacciarmi alla mia finestra e scrutare ogni dove, far penetrare il mio sguardo in ogni fenditura del muro malconcio del palazzo difronte. E’ quasi ora di cena: odori e sapori gareggiano nell’aria per primeggiare nel colpire i sensi dei passanti. Bambini giocano nel cortile emettendo leggeri starnazzi. Si rincorrono, s’inseguono e alcuni più piccoli si sono accomodati in uno scatolone del supermercato, immersi in chissà quale loro fantasticheria. Le madri cucinano, ne intravedo anche qualcuna dalle finestre. Una si affaccia e ordina al figliolo di salire per mangiare. Lui reclama ancora qualche minuto e lei grida ancora più forte. Qualcuno torna stanco dal lavoro, con una borsa carica. Finestre e balconi spalancati, tavolate imbandite, povere o poco più. Televisioni a tutto volume danno le notizie del giorno. Contemporaneamente un’altra da un altro canale dà la pubblicità. Un uomo e una donna si accingono a sedersi a tavola; sulla sessantina tutti e due, credo marito e moglie. Bassi grassocci, in una veste violetta e malridotta lei, con una canottiera a costine bianca ma sbiadita lui. Sembrano sporchi, non ricchi, ma felici. Palazzine fatiscenti, persiane, che un tempo erano rosso vivo, ora mangiate dal sole e quasi interamente distrutte. Odore di cipolla e di fritto. Coperte stese a prendere aria. Un cane abbaia, un altro da un balcone risponde. Piccioni spaventati scuotono le ali; piccioni ovunque, sui davanzali, sul tetto, sulle ringhiere. La luce comincia ad affievolirsi; si fanno più forti quelle provenienti dalle case. Qualcuno sale le scale, ne scorgo l’ombra. Urla, chiachiericcio lontano, telegiornali, ribollire dell’olio in una padella, piatti di ceramica che urtano tra loro, risate, odore di estate, venticello sereno, sventolare di panni stesi. La notte intanto discende, ed io ammiro. Sorprendente umanità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*