Non riesco a togliermi dalla testa questa teoria della confederazione delle anime, di derivazione francese. Questi medici-filosofi che l’hanno elaborata credevano appunto nella presenza non di una sola anima ma di una confederazione, guidata a turno da un Io egemone, più forte, più dirompente, che riuscisse a prendere il sopravvento sugli altri. Tanti Io, tante anime, a volte più forti da prevalere, altre volte più deboli da soccombere. Discorso che forse può non piacere a un cattolico credente, poiché loro (noi) credono nella presenza di un’unica anima, anche detta coscienza; sarebbe lei a dettare le azioni e i comportamenti. Accostandosi a questa teoria della confederazione si potrebbe essere tacciati di eresia, però forse il problema svanisce quando al termine anima sostituiamo il termine personalità, come vogliono i medici-filosofi francesi. Ognuno di noi, si sa, ha diverse personalità, è sdoppiato, se non triplicato o molto di più. Ma quindi si tornerebbe al problema del non essere sé stessi, dell’indossare maschere, o forse solo si accetterebbe dell’impossibilità di un essere unico e solo, ma per forza modellabile e malleabile a contatto con cose o persone differenti. Mah …. Forse non siamo così intelligenti come crediamo (noi uomini, intendo!); forse siamo esseri molto più deboli rispetto al mito dell’uomo che ci siamo forgiati negli anni. Se siamo così malleabili, plasmabili, duttili, forse poi non siamo così diversi dagli altri animali.
Mi sovvengono delle reminiscenze di un esame di filosofia della mente che feci qualche anno fa, in cui si trattava l’argomento del dualismo mente-corpo (perché in effetti non possiamo dire con sicurezza che sia l’anima a darci impulsi per i nostri comportamenti e le nostre azioni, e non il cervello, la mente. Alcune popolazioni africane, mi pare, addirittura quando dicono “Penso che…” oppure “Non mi ricordo…”, non si toccano la testa come noi occidentali, ma la zona dello stomaco/fegato, poiché ritengono che l’essenza pensante/che comanda si appunto lì situata!!). Il filosofo e studioso Ryle appunto sosteneva l’impossibilità di questo dualismo mente-corpo racchiusi per lui in un’unica entità pensante e agente nello stesso medesimo momento. Ma queste sono altre storie, a cui uno può credere come no…e vive lo stesso. Forse anche meglio. Sono sicuro di una cosa che le persone che s’incontrano e le situazioni che si vivono, in modo imprescindibile, ci segnano, ci modificano, ci plasmano, ci fanno diventare altre persone, se non completamente diverse ma di sicuro corroborate da un altro Io, da un’altra piccola sfumatura di personalità, che ci era del tutto sconosciuta. Dando ragione nuovamente a Pirandello, e non mi stancherò mai di farlo, affermo che di certo ognuno di noi può essere uno, nessuno e centomila contemporaneamente. E io punterei soprattutto sul centomila.