Nei paesi se non stai bene o se ti servono dei farmaci c’è un solo posto dove andare: dal dottore, il medico condotto, come dice mia nonna.
Anziani sfaccendati fanno a gara l’un l’altro per prendere il posto, per finire per primi e poter tornare a non fare nulla. E magari poi ripresentarsi qualche giorno dopo. Sale d’attesa piene zeppe di saluti distratti, di “chi è l’ultimo?”, di “posso entrare ‘che devo chiedere solo una cosa veloce?”. Del proprio medico di base ci si fida ciecamente. “Lo ha detto il medico“, “te lo ha ordinato il medico?”. Anche perché nei paesi, fino a pochi anni fa, era spesso una delle figure più istruite e non dialettofone che si potesse trovare. Già il solo fatto di parlare in italiano (presumibilmente) corretto gli conferiva autorevolezza, assoluta e indiscutibile. Ma oggi qualcosa sta cambiando.
Una signora sulla sessantina va dal medico con dei valori sballati perché ha eliminato drasticamente dalla sua dieta la carne e ora ha importanti carenze di ferro e altri nutrienti. Il medico le chiede come mai non ha seguito le sue indicazioni e lei ribatte che ha letto su Facebook che i vegani vivono di più. Il medico, che la segue da 30 anni, cerca di farle capire che, è vero, ci sono anche degli studi in tal senso, ma che tutto dipende dalla storia clinica del paziente, dall’età, dal tipo di vita che fa, ecc. E che poi non è che si può togliere la carne dalla mattina alla sera ma in maniera graduale, sostituendo fonti di proteine vegetali a quelle animali e cercare di bilanciare il tutto. Ma lei no, dice che lui vuole solo arricchire le case farmaceutiche perché poi le prescrive il farmaco anti-reflusso. E lui invece le dice che dovrebbe diminuire i grassi saturi e di alcol, come le aveva già raccomandato, ma lei ribatte che non è vero, che ha smesso da un pezzo di farsi i goccetti.
E poi arriva la neomamma col figlio neonato e la brillante neo-idea di non vaccinarlo. E il dottore cerca di spiegarle che è grazie ai vaccini che alcune malattie, che quando lui era piccolo ancora uccidevano, ormai non esistono praticamente più, ma lei no, sostiene che al figlio cresceranno le orecchie di Dumbo dopo la prima puntura. E lui dice che nella sua pluriennale esperienza non ha mai visto tali effetti in nessun bambino che ha vaccinato. Ma lei afferma, certa, che ha letto su internet che un paio di bambini sono morti l’anno scorso per i vaccini. E lui dice che tutti i restanti sono vivi e non hanno sviluppato nessuna malattia, né tanto meno orecchie giganti, ma lei chiude la faccenda con un “che ne sa lei”.
Ecco, in senso lato, è quello che sta avvenendo in Italia. Fino a pochi anni fa la competenza non era vista con sospetto, la specializzazione non era guardata con astio o distacco. Nessuno si sarebbe sognato di dire a un ingegnere di progettare un pilone diversamente, a un panettiere di fare cuocere di più le focacce, al chirurgo di non asportare i calcoli, o allo scrittore come scrivere un romanzo. Invece gli italiani sono diventati un popolo di scettici verso qualsiasi area che non è strettamente di loro competenza: economia, finanza, politica estera, politica interna, immigrazione, palinsesti tv, deontologia professionale. Sarà che ce ne rendiamo conto ora perché internet ha reso visibile e diffuso il fenomeno (non ne è la causa) ma è sempre opportuno ricordare a questi competenza-scettici un assunto intramontabile: “una società moderna non può funzionare senza una divisione sociale del lavoro e senza affidarsi a esperti, professionisti e intellettuali. Nessuno è un esperto di ogni cosa. […] Prosperiamo perché ci specializziamo e perché sviluppiamo meccanismi formali e informali nonché abitudini che ci permettono di fidarci gli uni degli altri per quello che riguarda queste specializzazioni” (qui un ottimo approfondimento).
E magari cominciare a introdurre nelle scuole l’alfabetizzazione digitale e il corretto uso d’internet. E perché no, dei corsi serali per adulti scettici.