“C’è stato un periodo, tra gli anni Ottanta e Novanta” prosegue Massimo, “in cui tutte le persone di una certa età andavano alle terme perché lo Stato italiano non solo passava le cure termali, ma ti pagava anche l’albergo per tutta la durata del soggiorno. E considerando che la nostra cura idropinica dura almeno dodici giorni, puoi capire che enorme quantità di gente arrivava qui”. Intorno a noi la pioggia continua a cadere lenta, sui marmi di Carrara, sul travertino di Monsummano e sulla facciata imponente su cui è scolpito il verso petrarchesco “MA ’L SVON CHE DI DOLCEZZA I SENSI LEGA”. Non è un caso che la U sia scritta come una V, perché la ristrutturazione e l’ampliamento della struttura risalgono proprio al ventennio. La fama delle acque di Montecatini, però, era già al suo apice a cavallo tra Otto e Novecento, tanto che si abbeveravano alle sue fonti personaggi del calibro di Mascagni, Puccini, Verdi (con moglie e amante al seguito) e del Re Vittorio Emanuele II con la regina consorte. Negli anni Sessanta, conclusi i lavori parlamentari, gli onorevoli rappresentanti del popolo italiano lasciavano Montecitorio e si trasferivano a Montecatini. La cittadina toscana, grazie alle sue acque, è stata per quasi un secolo il salotto buono d’Italia, con i suoi viali alberati, i fanghi e le piscine, gli spettacoli musicali e teatrali, le città d’arte a un tiro di schioppo.
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