In mezzo alle piume

Il furgone puzza di fumo di sigaretta e sale veloce lungo la strada di campagna. Dietro di noi, Reggio Calabria diventa un puntino luminoso e l’acqua che divide la Calabria e la Sicilia sembra scintillante. In lontananza s’intravede l’Etna e più saliamo più lo sguardo si perde nell’orizzonte dove il confine tra terra e mare diventa impercettibile.

“Guarda una poiana” dice Salvatore rallentando l’andatura e indicandomi col dito un uccello sul bordo della strada. “Osserva il modo in cui spiega le ali”. Un accendino cade dal cruscotto pieno di oggetti e mi chino per raccoglierlo. “Scusa per il casino, ma io con questo ci vado pure in campagna”, si giustifica. Ogni mattina va a dare da mangiare alle sue galline a Pietrastorta, una frazione di Reggio dove possiede un pezzo di terra. Quando c’è da zappare o da raccogliere la verdura si mette a fare pure quello. “Ho dovuto riempire il terreno di fondi di caffè per disorientare le talpe, altrimenti non ci lasciavano niente”.

La passione per gli uccelli arriva molto presto, intorno ai sei anni, mentre visita l’enorme collezione ornitologica del Museo Zoologico di Roma. “Ho ancora un filmino dove si vede che mi aggiro estasiato in mezzo a tutti questi uccelli imbalsamati e non capivo come potessero essere morti ma sembrare vivi”. Così suo padre lo accompagna a visitare un laboratorio di tassidermia a Piazza Navona. “Ricordo ancora benissimo l’insegna «Ditta Bertoni» e mi sembra di sentire l’odore perforante di canfora. In quel momento ebbi chiaro cosa volevo fare nella vita, ma mi feci convincere dai miei genitori che non era il lavoro per me. Per un po’ di anni non ci pensai più fino a quando non trovai un uccellino morto sul ciglio della strada”.

Tra la fine di aprile e la fine di maggio di tutti gli anni di cui anche l’uomo più anziano di queste parti ha memoria, lo stretto di Messina è sorvolato da stormi di falchi pecchiaioli che dall’Africa migrano verso la Scandinavia o verso l’Europa dell’Est per deporre le uova. Succede la stessa cosa anche nel Bosforo e nello stretto di Gibilterra, dove questi rapaci sfruttano le correnti d’aria per agevolarsi negli spostamenti. Nei paesi che si affacciano su questo tratto di costa che guarda alla Sicilia, in questo stesso periodo, ragazzi, vecchi e uomini sapevano di avere un solo compito a cui assolvere: imbracciare i loro fucili e non tornare a casa a mani vuote.

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