Forse ai politici questa cosa di prendersela con gli alacri studenti modello italiani sta un po’ sfuggendo di mano. A prescindere dal Ministero, dal ruolo, dal governo, dalle intese larghe o strette, dalla gente con cui Buzzicano a cena, dai figli propri che riescono a sistemare e dalle lauree che non tutti posseggono, molti politici nostrani si sono sentiti in dovere di strigliare i giovani italiani più o meno laureandi o in cerca di occupazione.

Dopo le prime avvisaglie dateci da Padoa-Schioppa sul finire del 2007, che criticò i giovani che ancora dimoravano sotto la gonna di mamma e papà, l’anno d’oro fu senza dubbio il 2012. Le violente filippiche presero avvio già a gennaio per bocca di tale Michel Martone, che di professione non faceva l’estetista ma il Viceministro del Lavoro del governo Monti. Giovane enfant prodige spingeva i giovani a laurearsi presto e non pascolare nelle patrie università. E lui di spinte pare ne fosse edotto. Per rafforzare il concetto e per sembrare gggiovane mutuò il termine dallo slang adolescenziale.

Continuò Mariuzzo Monti nel febbraio 2012, tre legislature non elette fa. “I giovani devono abituarsi all’idea che non lo avranno. Che monotonia il posto fisso, è bello cambiare” affermò dalla sua seggiola di senatore a vita. All’epoca mi risentii.

Rincarò la dose la Madonna delle lacrime Elsa Fornero che, a ottobre 2012, osò definire i laureati choosy, colpevoli di non accettare il primo lavoro gli viene offerto perché non troppo di loro gradimento.

 

Le acque sembravano essersi calmate, mentre i dati occupazionali dei giovani laureati crollavano a picco. E siamo arrivati ai giorni nostri in cui il tasso di occupazione dei diplomati è più alto di quello dei giovani con la corona d’alloro in testa.

Tasso confermato anche dall’attuale rubicondo Ministro del lavoro Po(rcel)letti che per non screditarli si è arrestato alla maturità. Oltre alla carica e al fatto di aver comunicato dati sbagliati, in comune con Elsa Frozen Fornero ha la capacità di dire le cose giuste al momento giusto. Infatti Poletti ha chiosato duramente contro laureandi e laureati italici, colpevoli questa volta di voler ambire al voto massimo mettendoci però troppo tempo.

I giornali in questi anni si sono sbizzarriti con titoloni acchiappa-clic, i social si sono infuocati e  i giovani in corso, fuori corso e disoccupati si sono sentiti offesi. Ma c’è una cosa che sotto sotto pensiamo un po’ tutti: questi politici e politicanti hanno detto delle verità. Purtroppo le loro storie personali, i loro provvedimenti, le loro frequentazioni dubbie e il loro ruolo istituzionale li fanno apparire come insensibili alieni.
Solo chi ha frequentato le università italiane sa davvero quanti polli scorrazzano tra i suoi banchi. In Italia si danno troppo facilmente lauree e master a gente mediocre. E molti di questi poi, una volta incensati da lodi e baci in fronte, tornano sotto la protettiva gonna materna a chiedere la paghetta in attesa del “lavoro per cui hanno studiato“. Dalla mia riflessione sono esclusi, evidentemente, tutti quei ragazzi che si sono pagati gli studi da soli, lavorando e studiando. Anche se fuori corso non mi sognerei mai di dargli dello “sfigati”. Mi scaglio contro tutti quei fannulloni ammantati da intellettuali che popolano le nostre università e che poi chiedono ai genitori di andare in segreteria al posto loro. Mettiamocelo in testa: l’università non è per tutti e non tutti sono fatti per andare all’università. Ma ce l’ho anche con quanti se la prendono comoda proprio perché i genitori possono spesarli all’infinito, o addirittura garantirgli il posto una volta fuori, anche a 28 anni
Frequentare l’università serve prima di tutto a costruirsi un approccio propositivo alla vita. Se riesci anche a imparare hai fatto bingo. Serve a renderti autosufficiente economicamente entrando nel mondo del lavoro e da lì costruirti un percorso professionale migliore. Il lavoro dei sogni non esiste, a meno che non ti cali dall’alto per grazia o raccomandazione ricevuta. Ho conosciuto moltissimi giovani validi e che si sono fatti da soli, giovani che si sono laureati in tempo, mantenendosi con borse di studio o lavoretti saltuari, che non hanno fatto i choosy e hanno accettato lavori non completamente edificanti; continuando a lottare, studiare, aggiornarsi, ingegnarsi (facendo tesoro anche della plasticità mentale acquisita all’università) hanno trovato un’occupazione gratificante e retribuita. Magari anche fissa (anche se per la liquidità dei tempi in cui viviamo questo è un concetto davvero obsoleto).
Quindi meno lamentele e più autocritica non farebbero male, ma si sa, è sempre più facile dare la colpa al politico di turno, al sistema e allo Stato.

1 commento

  1. Un articolo pienamente condivisibile.
    Sarà che tutti e tre non sono dei gran comunicatori e che estrapolando parte di una frase si capisce poco del senso del discorso completo ma fare uno sforzo per cercare di cogliere il messaggio completo che vogliono far passsare non è così difficile…

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