Per garantire all’utente-lettore rapidità e multimedialità, Facebook lancia la funzionalità “Instant Articles”. Se tutti i grandi editori decideranno di farne parte, il giornalismo online sarà destinato a cambiare per sempre. Ma in meglio o in peggio?
Secondo una ricerca del Pew Research Center il 63% degli utenti di Facebook s’informa su ciò che accade nel mondo solo attraverso le news che compaiono nella loro timeline sullo smartphone. Troppi, per il colosso di Menlo Park, sono gli 8 secondi che separano il lettore dall’atterraggio sul sito d’informazione.
Così a maggio scorso Facebook ha lanciato Instant Articles, piattaforma interna al social network e pensata solo per mobile, dove gli editori possono caricare direttamente il proprio articolo e offrirlo agli avidi lettori in un tempo 10 volte inferiore. L’articolo diventa una vera esperienza sensoriale e multimediale: pur mantenendo font e stile del sito d’appartenza, è corredato infatti da immagini dinamiche, video, mappe, approfondimenti, il tutto restando all’interno di Facebook ma avendo la parvenza di leggere il giornale online. I primi a volere sperimentare l’ebbrezza degli “articoli istantanei” sono stati il New York Times, Buzzfeed, National Geographic, Nbc, The Atlantic; seguiti subito dopo da due testate inglesi, Bbc e Guardian, e due tedesche, Bild e Spiegel. Niente male come tester.
Dopo aver pensato alla miglior esperienza possibile per l’utente-lettore, Facebook rassicura anche editori e pubblicitari. Infatti con Instant Articles i siti di notizie e i giornali possono vendere autonomamente gli spazi pubblicitari assicurandosi la totalità degli introiti; se invece si affidano a Facebook Audience Network per coprire gli spazi invenduti, cederanno al social network il 30%. E per allettarli ancora di più, Facebook ha sottolineato che la profilazione dei suoi utenti è molto più precisa rispetto a quella di Google, quindi anche la pubblicità risulta più mirata ed efficace. Gli editori inoltre potranno monitorare l’andamento del traffico sugli “articoli istantanei” e conteggiare quei click come propri.
Se tutti i giornali online passassero a questa funzionalità ci sarebbero diverse implicazioni, non tutte prive di criticità. Su Facebook si scriverà, si editerà, si pubblicherà, si distribuirà e finanche si leggerà l’articolo, e poi lo si commenterà e condividerà con i proprio amici. Lo spettro dell’inglobamento del mondo dell’informazione da parte del social network è dietro l’angolo. Nessuno vieterà in futuro a Facebook una nuova modifica dell’algoritmo che renderà più o meno visibili gli articoli di un editore (che magari pubblica Instant Articles) rispetto a quelli di un altro (che invece pubblica articoli online “tradizionali”).
Secondo Federico Ferrazza, direttore di Wired, Facebook non modificherà il suo algoritmo in questo senso, perché gli editori non sono tra i suoi migliori clienti. Gli fa eco Davide Casati del Corriere della Sera: “Già ora l’algoritmo di Facebook premia, nei news feed personali, i post di testate sulle quali gli utenti Fb passano più tempo. IA è studiato per fare in modo che un utente passi molto tempo all’interno del post prodotto da una testata. E questo, di fatto, si trasformerà in un vantaggio competitivo per gli aderenti al programma, senza neanche bisogno di una modifica dell’algoritmo”.
Certo il giornalismo online come lo conosciamo oggi sarà destinato a cambiare, ma la possibilità che Instant Articles possa rappresentare la fine di questo o dei giornali online non sfiora né Ferrazza né Casati.
Certo il giornalismo online come lo conosciamo oggi sarà destinato a cambiare, ma la possibilità che Instant Articles possa rappresentare la fine di questo o dei giornali online non sfiora né Ferrazza né Casati.
Per il direttore di Wired i giornali dovranno essere in grado di sfruttare tutte le piattaforme per raggiungere i propri lettori, e Facebook al momento è una delle più importanti e Casati rassicura: “Le testate in grado di produrre grande giornalismo saranno sempre riconosciute come “hub” nei quali trovare molto più di quanto sta in un news feed di Facebook, dove manca la gerarchizzazione delle notizie che dà ordine a un mondo e ne offre una visione”.
Ci piace suppore che questa possa essere una strategia di Facebook per convincere tutti i maggior editori a entrare nella piattaforma e poter, progressivamente, portare a termine quell’arduo compito che ha iniziato con l’ultimo aggiornamento dell’algoritmo: arginare il fenomeno del click baiting. Nell’ottica dell’attenzione verso la user(-reader) experience, Facebook potrà così dare molta visibilità a contenuti validi, piuttosti che ai contenuti di quei giornali online che insozzano le loro fan page con titoli e immagini sensazionalistici per mantenere alto il traffico sui loro siti. Potrebbe essere uno scenario plausibile. Ferrazza crede di no e afferma che la qualità dei contenuti ha poco a che fare con il click baiting, mentre Casati se lo auspica e prospetta che ciò che potrebbe cambiare è l’abitudine dei lettori a una user experience di livello superiore che potrebbe costringere i vari siti di informazione a creare, anche sulle piattaforme proprietarie, user experience di pari livello.
Ci piace suppore che questa possa essere una strategia di Facebook per convincere tutti i maggior editori a entrare nella piattaforma e poter, progressivamente, portare a termine quell’arduo compito che ha iniziato con l’ultimo aggiornamento dell’algoritmo: arginare il fenomeno del click baiting. Nell’ottica dell’attenzione verso la user(-reader) experience, Facebook potrà così dare molta visibilità a contenuti validi, piuttosti che ai contenuti di quei giornali online che insozzano le loro fan page con titoli e immagini sensazionalistici per mantenere alto il traffico sui loro siti. Potrebbe essere uno scenario plausibile. Ferrazza crede di no e afferma che la qualità dei contenuti ha poco a che fare con il click baiting, mentre Casati se lo auspica e prospetta che ciò che potrebbe cambiare è l’abitudine dei lettori a una user experience di livello superiore che potrebbe costringere i vari siti di informazione a creare, anche sulle piattaforme proprietarie, user experience di pari livello.
Comunque vada, il cambiamento nel mondo dell’informazione sarà grande. Lo ha intinuito anche Google che ha annunciato AMP, Accelerated Mobile Pages, in risposta agli IA di Zuckerberg.
[Articolo pubblicato nel numero #63 di novembre della rivista WU magazine]