[Se hai fegato leggi anche la Seconda serata: Dadaùmpa, defibrillatori e selfies]
Alla terza puntata del festival della canzone italiana (solo i più attenti di voi avranno notato come sto desistendo dall’utilizzare la parola KERMESSE, per quanto mi faccia impazzire!) pare finalmente che il meccanismo della noia sia scomparso, insieme a quell’odioso della doppia canzone. Infatti ieri sera abbiamo ascoltato la carrellata delle 14 canzoni passate e finalmente tutto è sembrato più fluido e piacevole.
Ho avuto anche modo di notare che la scenografia in fondo non è così brutta come sembrava nelle serate scorse: ma in realtà ora mi succede quella strana cosa per cui tutto quello che accade su quel palco comincia a piacermi. La magia di Sanremo o di Sanromolo, come continua simpaticamente a ricordarci Pif nel prefestival, che ieri sera ci ha regalato chicche insuperabili come questa.
A proposito di tinte e parrucchini |
La serata si apre nel ricordo di Abbado e di parole vane nei confronti della cultura della musica. La serata sarà all’insegna dei lavaggi di coscienza, ve lo anticipo.
Si apre la gara con 14 minuti di ritardo, tanti quante le canzoni in gara.
Parte Renzo Rubino con la sua bellissima Ora che invece di suonare un pianoforte pare stia frenando un tir. Un vero e degno figlio di Sanremo.
Arriva Giusy Gaetana Giuseppa Ferreri e forse offesa dalla Littizzetto, che ha preso in giro il suo sobrio nome, comincia a belare come un pecorella smarrita. In realtà il problema era un altro: voi riuscireste a cantare perfettamente in cima a un precipizio?
Sobrietà |
Per fortuna arriva il momento di Pedala di Frankie hi-nrg così posso lavare i piatti.
Poi è il turno di quel rubicondo e gran bevitore di Gualazzi: Liberi o no si riconferma una canzone figa, così come sembra figo il tizio incappucciato che in teoria è lì per suonare la chitarra e invece scappa in giro per il palco. Meravigliosi i guanti fucsia del coro gospel!
Si torna a parlare di bellezza e a fare la sua lectio magistralis non è Umberto Eco ma niente poco di meno che Lucianina Bacherozza Littizzetto. Una raffica di stereotipi sulle donne rifatte e una valanga di similitudini e anche un sentito Vaffanculo: nemmeno Siani avrebbe saputo fare di meglio.
Sulla chiusa diventa seria e fa un appello affinché nei programmi Tv ci siano anche conduttori, ospiti e attori con handicap, perché la bellezza è anche quello. Non fa una piega, se non fosse che sul palco dell’Ariston non ce n’è nemmeno uno. Ma immediatamente parte la musica e un ballerino con le stampelle (bravissimo!!!) fa una sorta di breakdance: una bella lavata di coscienza. Ok ora basta, si continua con le persone “normali”.
A questo punto del festival comincia un attimo a calarmi la palpebra: intravedo sul palco il sosia di Gianfranco D’Angelo con la parrucca di Margherita Hack che legge qualcosa su Van Gogh. Partono di nuovo urla e grida dalla platea, per cui ricomincia il panico e il batticuore. Dopo attimi di tensione si scopre che è tutto una messa in scena per dare il via al momento più bello di tutto il festival finora: un flash mob con i cantanti che spuntano dai posti e iniziano a cantare a cappella, Era stato tutto credibile e perfetto, anche la recitazione di Fazio, se non fosse per un venditore di pop corn un po’ fuori luogo a Sanremo, che mi ha fatto insospettire.
Un grande scherzone |
Tant’è. Resta il momento più coinvolgente di tutte e tre le serate.
I Perturbazione mi convincono sempre di più. Canticchio già L’unica, nonostante sia uguale a molte altre loro.
Renga, che anche “con anelli e bracciali non sembra frocio, né un mezzo uomo” come c’insegna la filosofa Iva Zanicchi (VIDEO), mentre smerda negli studi televisivi Rai e Mediaset (VIDEO), si lamenta e ulula, nonostante la canzone gliel’abbia scritta Elisa.
Sinigallia ha una brutta canzone seppur tutti gli alternativi di sinistra dicono sia la migliore. Rischia di essere anche squalificato perché l’aveva già cantata in pubblico. Ma dico io: tra due miliardi di autori nessuno se n’è accorto prima della terza serata?
MOMENTO ARBORE: il signore della Rai (dopo Pippo ovviamente) entra con un bavaglino magenta e porta avanti uno dei siparietti più divertenti di tutto il festival, a dispetto dei due conduttori. Conclude con un po’ di napoletanità sparsa che piace tanto agli italiani, ma poco a me.
Noemi ha portato probabilmente le canzoni più belle dell’intera kerm… edizione. Certo il vestito non valorizzava le sue linee generose. La mia preferita.
La Ruggiero con i suoi gorgheggi ha una canzone che mi sembra perfetta per la sigla di Un posto al sole.
Arisa, sempre più simile a calimero, ha una canzone niente male, Controvento, ma una pancera sia lei che Noemi avrebbero potuto mettersela. O per lo meno niente vestiti attillati.
Giuliano Palma, no per carità.
Poi Fazio da bravo padrone di casa intervista in piedi l’astronauta Parmitano e il finissimo Damien Rice, che ci culla con la sua voce.
L’ora è tarda e forse è un bene perché ci sono le Nuove Proposte.
Arriva tale Rocco Hunt, classe 94, che ci canta un rap intitolato Nu journu buonu, devo aggiungere altro? Poi Veronica De Simone, ex The Voice, team Carrà (guarda un po’?) e capiamo che quest’anno niente spazio ai talent di Mediaset. Poi altri due che non meritano, anche perché uno cantava La modernità ed era vestito così:
Buona notte và!